venerdì 29 febbraio 2008

DELOCALIZZANO

Il primo passo per cambiare la nostra situazione, è modificare l’atteggiamento di assistenzialismo che abbiamo nei confronti dello stato centrale (tosco-padano).
I primi a dover cambiare filosofia di vita sono i nostri amministratori locali.
Il saper amministrare, non significa richiedere sempre soldi sia allo stato che ai contribuenti, dimenticando di incentivare la produzione nelle nostre terre, aumentando i costi di gestione, e incaricando per qualsiasi sputo che si deve realizzare fior di professionisti, dando mandato di semplice controllo ai tecnici da noi stipendiati.
Nessun impresa vorrebbe investire in una terra inospitale, e quelle già esistenti, preferiscono chiudere e delocalizzare la produzione verso stabilimenti siti in regioni (naturalmente tosco-padane) che le incentivano per esempio con la riduzione dell’IRAP anche di 1 punto percentuale (paragone di esempio IRAP 2008 Campania 5,25%, Veneto 3,25%).
Inoltre c’è da considerare anche l’aspetto territoriale come malavita, microdelinquenza, rifiuti, e non ultimo come importanza la logistica nei collegamenti, si pensi alla Basilicata dove treni ed autostrade sono inesistenti se paragonate alla rete del Nord Italia, e non vorrei sbagliarmi ma penso che in Lucania ci sia uno dei pochi giacimenti petroliferi italiani.
Questo porta alla sofferenza di famiglie che si vedono recapitare una lettera di messa in mobilità per la improvvisa chiusura della fabbrica per improduttività.

Penso, all'aticarta di Pompei che ha venduto lo stabilimento alla remo de medici spa di Milano, la quale si impegnava con i sindacati e con Il governo, ad incrementare la produzione, e di conseguenza il personale, quest'ultima leader nel settore di produzione carta e cartone, ha delocalizzato macchinari fondamentali e ridotto Il personale, da 250 a 190 a 160 unità, (così come descritto nell’interrogazione parlamentare 20/04/2004) ed infine dopo averla smembrata ha dichiarato “innocentemente” che la cartiera di Pompei era improduttiva, e quindi ha rovinato la vita delle restanti 160 famiglie, ed ha venduto i residui macchinari agli indiani, I quali sono venuti personalmente a smontarseli. Ed alla fine l’area diventerà un centro commerciale.
Penso alla MF Componenti di Maddaloni (CE), fondata nel 1961 come ramo della Alcatel per la produzione di telefoni, negli anni ha diversificato la produzione nel campo della telecomunicazione, dei trasporti ed energia, dell’automazione dei servizi, impiegando 120 persone a Maddaloni ed altre 50 nel NUOVO stabilimento di S.Giovanni in Persicelo (BO) oltre naturalmente al circuito dei lavoratori interinali. Notizia di pochi giorni fa l’azienda dopo aver spostato la produzione dalla sede di Caserta a quella di Bologna, ha messo in mobilità i 120 dipendenti.
Questi 370 lavoratori (e sono solo quelli che fanno parte dei due esempi citati) se vorranno mantenere la qualifica di tecnici specializzati, dovranno espatriare nelle terre tosco padane, diversamente dovranno accontentarsi di non lasciare la loro terra e le loro famiglie, RINGRAZIARE Bassolino per il regalo che gli ha fatto e declassare la loro preparazione per ripiegare in lavori che gli consentano di sostenere la famiglia.
Se leggete attentamente i giornali, noterete che la maggior parte delle aziende del Sud italia, gestite dai tosco-padani, sono in crisi produttiva, con rischio per i dipendenti e per la produttività.
Anche la FIAT di Melfi, piuttosto che la peroni, o la montefibre, sono tutte aziende "a bassa produttività"!!! Certo se loro, delocalizzano la produzione, per favorire le aziende con sede produttiva al nord, o prendono accordi con società estere, forti del basso costo della manodopera, risulta essere una logica conseguenza la bassa produttività!

Penso che questo sia un altro segno di apatia nei confronti degli incapaci amministratori delle terre delle DUE SICILIE.

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