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martedì 23 luglio 2019
Una bella catastrofe per riscoprire la "Napoletanità"
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IL NORD CI IMPOVERISCE
venerdì 19 gennaio 2018
Giustifica morale
Lo sono stato anche io. Già, dopo anni di schede nulle il Massimo di Gallipoli ha giustificato moralmente le mie scelte. ho letto dei discorsi sui giornali vicini al suo partito che mi hanno realmente intristito.
Come si può, a distanza di dieci anni, rifare le stesse promesse e richiamare gli stessi problemi della città.
https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=7304106585486320218#editor/target=post;postID=4607179273589116079;onPublishedMenu=allposts;onClosedMenu=allposts;postNum=5;src=postname
E' il nulla che dice il nulla.
Grazie Massimo, il 4 marzo confermerò le mie scelte che da 11 anni non cambiano, scheda nulla.
venerdì 12 maggio 2017
Cari figli miei
giovedì 14 giugno 2012
centro commerciale la cartiera - ennesima vergogna
martedì 15 novembre 2011
mercoledì 25 maggio 2011
FINCANTIERI Castellammare di Stabia - allarme sociale
Tutti i nodi vengono al pettine.
Ormai a Castellammare di Stabia è allarme sociale, operai con le lacrime agli occhi, che grazie a decisioni prese da un consiglio di amministrazione di una società a controllo statale, la Fincantieri, si sono visti crollare il mondo addosso, capiscono che non possono garantire un futuro dignitoso alle proprie famiglie.
Più volte ho scritto il concetto di sud colonizzato da società che non comprendono il territorio, essendo per legge e composizione societaria lontano da esso.
La fincantieri è semplicemente una società del nord, amministrata da persone del nord che vanta nel consiglio di amministrazione diversi Legaioli, e considerano quello di Castellammare di Stabia un semplice sito “produttivo” che la logica economica del sopravvivere in tempo di crisi lo ha individuato come primo ramo secco da tagliare.
Certo che l'amministrazione locale ha subito appoggiato e solidarizzato con la difficile situazione degli operai, chiedendo al ministro degli interni, anch'esso legaiolo, l'invio dell'esercito per contrastare e placare l'allarme sociale creato dai suoi degni compari di partito.
Non è dato sapersi, chi e perchè se la sia presa con quel povero busto marmoreo presente nella casa comunale, e che era il vanto dell'amministrazione stessa, come se quell'uomo barbuto fosse la causa del loro malessere, come se quell'uomo sia la causa dell'aver trasformato un vanto della marineria europea in un sito scarsamente produttivo in un area disagiata di una nazione, come se l'operato di quell'uomo abbia a che fare con la chiusura della fincantieri di Castellammare di Stabia.
Mi viene in mente quando chiesi alla Fincantieri, di poter apporre una targa che ricordasse che quel cantiere è stato costruito nel 1793 dai Borbone, e la società ebbe anche l'innocenza (sic!) di rispondermi che l'UNICO nome da portare avanti era FINCANTIERI. Infatti!!!. All'epoca ci fu anche qualche mio concittadino che mi accuso di richiesta anacronistica. Possibile che ci sia gente tanto ottusa da non riuscire a vedere oltre la giornata. Individuare le cause di un problema è il primo passo per l'analisi e la soluzione.
Attualmente gli operai Fincantieri stabiesi, per la società sono solo un numero, quelli dell'indotto neanche quello, la causa, contestualizzandolo all'attualità, è proprio il barbuto con la testa nel cesso, che ha regalato un futuro di merda ai maestri d'ascia stabiesi.
Molteplici possono essere le soluzioni, ma tutte devono passare per una INDIPENDENZA del cantiere navale stabiese da una società non territoriale, gli operai devono RIAPPROPRIARSI DEL LORO CANTIERE E DEL LORO FUTURO, cambiando atteggiamento e passando dall'assistenzialismo preteso alla valorizzazione delle proprie qualifiche.
Chissà se vedere quella capa di merda barbuta, e la coincidenza della visita a Scafati del discendente del fondatore dei Cantieri Navali di Castellammare di Stabia, prevista per il giorno 31 maggio, possa essere una strana coincidenza del destino!
Nello Esposito
CDS Castellammare di Stabia
venerdì 28 gennaio 2011
il tricolore è la mia vita
C'è un popolo che si è sempre comportato da vittima, rievocando olocausti e deportazioni di massa subite da dittatori in preda a crisi di potere e prede di decisioni massoniche.
Sembra che stia parlando degli eventi caratterizzanti della seconda guerra mondiale, invece bisogna andare di circa 100 anni indietro rispetto questo periodo.
Nel 1860, migliaia di meridionali sono stati deportati, mentre i superstiti sono emigrati, famiglie che ancora oggi si dividono, figli che possono godere dell'affetto dei loro papà solo nei fine settimana, altri che non li rivedranno più perchè sono morti sul lavoro in un paese lontano.
Industrie che cavalcando la farsa della questione meridionale, hanno goduto di incentivi per aprire industrie nel sud italia, per poi richiuderle lasciando città intere sull'orlo di una crisi sociale.
Cassa del mezzogiorno, piano per il sud, aree sottosviluppate, FAS, ecc. sono sempre stati il bancomat delle imprese del nord.
Leggi che garantiscono continui incentivi alle capitali della gastronomia, manco a dirlo tutte al nord.
Una incessante campagna denigratoria di tutto il meridione, dove ogni pelo diventa trave.
Cade una frana al sud, colpa dell'abusivismo.
Esonda un fiume nel mezzo della pianura padana, causando milioni di euro di danni alle case costruite a ridosso degli alvei o in una vallata, colpa del clima impazzito.
La mozzarella di bufala è fatta con latte di vaccino, TRAGEDIA!!!
ci sono i topi nel parmigiano reggiano, è un caso isolato di uno dei cooperanti.
Il silenzio al sud, è sinonimo di omertà
il silenzio del nord è riservatezza.
Se la gente sciopera al sud per i propri diritti, c'è la camorra infiltrata.
Se i ragazzi a milano assaltano una volante dei vigili urbani, è un disagio che va combattuto con investimenti.
Oggi sei io parlo male degli ebrei, (non lo farò ne oggi ne mai ne per gli ebrei ne nei confronti di nessun altro popolo) vengo assalito, tirano fuori la seconda guerra mondiale, e mi chiamano palestinese.
Oggi se parlo male del meridione, faccio un libro divento ricco e sono invitato alle trasmissioni.
Quanti problemi abbiamo noi meridionali, ma sono niente rispetto agli scandali di ruberie, tangenti e puttanieri vari che sono il simbolo del 150° anno dell'unità d'italia.
Anzi, sono il riassunto di 150 anni di unita d'italia.
IL TRICOLORE E' LA MIA VITA:
VERDE di rabbia è il colore della mia faccia;
BIANCO anemico è il mio volto sfruttato dai colonizzatori padani;
ROSSO è il colore del mio conto corrente prosciugato da un ladro con 150 anni di esperienza.
E' il momento di azzerare cariche istituzionali, costituzione, politici e nazione, ed iniziare nuovamente da dove è stato commesso l'errore, 150 anni fa.
Nello Esposito
mercoledì 8 settembre 2010
III Congresso dei Comitati delle Due Sicilie
Caserta 3 ottobre 2010
Si terrà presso l'Hotel Pisani, viale Carlo III, città di San Nicola La Strada (CE).
Tel.: 0823/421204; FAX: 0823/422348
Programma
- Ore 09.00: Apertura del Congresso
- Ore 09.10: Insediamento dell’ufficio di Presidenza e della Commissione per lo scrutinio.
- Ore 09.30: Saluto delle Autorità e convitati
- Ore 11.30: Relazioni dei Coordinatori Regionali, Provinciali e zonali dei Comitati Due Sicilie
- Ore 12.30: Relazione del Presidente nazionale, dei Vicepresidenti nazionali, del Segretario nazionale e del Tesoriere nazionale uscenti
- Ore 13.30: Pausa lavori
- Ore 15.30: Continuazione Interventi
- Ore: 16.30: Spoglio
- Ore: 17.00: Proclamazione degli eletti
Il Direttivo nazionale CDS
Per ulteriori informazioni:
- Tel: 3314067037 - 3383104367
giovedì 15 luglio 2010
La famiglia, la classe, il partito
di Nicola ZITARA
Secondo la visiona sociale di Marx, allo sfruttamento capitalistico non è sottoposto il singolo lavoratore (maschio, femmina, fanciullo) ma la famiglia operaia nel suo assieme, il proletariato. Già da tempi preistorici, la famiglia contadina era la centrale della produzione e della riproduzione sociale. Alla famiglia si opponeva la proprietà - di regola il guerriero, il quale con la violenza delle armi si appropriava di una parte del prodotto, lasciando ai contadini il minimo vitale. Con la rivoluzione industriale i rapporti non sono cambiati se non dal lato delle armi. Il capitalista non possiede le armi ma la macchina, senza la quale l'operaio non potrebbe produrre per il mercato. Anche questo possesso ha il carattere della violenza.
Oggi viviamo in un mondo di afamilismo generalizzato. La macchina chiude la vita della famiglia. La famiglia si è indebolita come nucleo produttivo e lascia sempre più spazio al sopruso. La stessa riproduzione naturale è minacciata. Privi di prospettive, i giovani non si sposano o arrivano tardi al matrimonio. Questa regressione porta a spostare l'attenzione dalla politica sindacale alla politica familiare, come per altro già avviene in Francia e Germania. E' il cambiamento dell'ottica sociale. Invece che dire: "Termini Imerese non chiude", diciamo: "Quale destino prepariamo per le famiglie operaie di Termini Imerese?" Nasce da qui un bisogno di localistico, di comunale, di progettualità paesana che era di altri tempi.
Molti or sono furono ripubblicati gli Atti di alcune giunte provinciali della Calabria, il cui ricordo ancora mi colpisce per l'attenzione alle situazioni familiari. Si era ancora nel mondo contadino. Bisognava decidere sul posto, maggioranza delle famiglie da una parte e minoranza dall'altra, senza tentare d'accartocciare lo scontro spedendolo a un'istanza superiore. Bisognava aprire una discarica? non era possibile fare altrimenti per le famiglie? Si apriva la discarica con l'accortezza necessaria e sufficiente. Bisognava ripulire un luogo da un vecchio impianto? Lo si faceva nell'interesse delle famiglie. Bisognava dare lavoro alla gente? Si studiava come e dove, e si reperivano i capitali familiari in cerca d'investimento. Oggi i capitali viaggiano senza indirizzo per un qualunque posto del mondo e risultano assenti proprio dove sono prodotti.
L'impersonalità dell'impresa ha condotto a ritenere che il luogo d'incontro della famiglia sia il vicolo, la vineja. Invece, come avveniva nel mondo del mutualismo contadino, le famiglie si incontrano sul terreno della produzione. Dietro i centomila ferrovieri ci sono centomila coniugi e centomila figli. La famiglia è il sostegno che si ha sul luogo di lavoro, nel valutare e contemperare convenienze, nel creare luoghi di associazione.
La famiglia antica si raggruppava sul podere. L'uomo lavorava all'aratro, la donna nell'orto, i ragazzi a far pascere il bestiame minuto. Oggi l'uomo lavora in fabbrica, la donna insegna, i ragazzi vanno a scuola. Ci si incontra non più per il lavoro, ma per il consumo. Lo scontro tra capitale e lavoro prescinde dalla famiglia. Persino le imposte colpiscono il reddito della persona fisica e non il reddito familiare. Eppure il mondo continua a individuarsi per famiglie. Il padre provvede al figlio, la donna all'uomo, i giovani ai vecchi (o ridicolmente, viceversa, i vecchi ai giovani).
La grande depressione che sta attanagliando il mondo mette le popolazioni una contro l'altra. I cinesi non fanno alcun piacere agli italiani producendo abiti e computer a prezzi stracciati. La competizione internazionale sfonda le porte ed entra in casa senza alcun rispetto per la famiglia. L'aggressione viene purtroppo resa più violenta dal partito operaio, che tende a farsi esso stesso Stato operaio, falsificando le imprese come se fossero legioni destinate a far guerra a un nemico visibile o anche invisibile. Questa novità ha fatto scivolare il partito di classe e il sindacato alla condizione di nemico della classe e della famiglia che sta dietro le braccia del singolo lavoratore. Non è per niente detto che produrre altre automobili sia un vantaggio per chi non ha un lavoro, se poi il prezzo del lavoro si abbassa fino all'accattonaggio. In condizioni date di sovrapproduzione, se il lavoro riceve una bassa remunerazione, la sovrapproduzione aumenta e non il contrario. E qui, in questa contraddizione, finisce il partito che si è fatto Stato.
La fine del partito-Stato operaio, il ritorno alla famiglia, al localismo, all'esame freddo e analitico delle esigenze della comunità locale scaturiscono dalla contraddizione insita nello sviluppo della politica in grande, il cui risultato è lo Stato come Stato del capitale e dei capitalisti. La democrazia non ha che scarsi mezzi di difesa contro le concentrazioni capitalistiche. In effetti la verità è una danza che viene ballata sui giornali del grande capitale. E' ben difficile che venga fuori nuda. In opposizione al clamore giornalistico sta la morale sociale, che è una sedimentazione tradizionale tra il giusto e l'ingiusto, un rema che afflisse i grandi tragici dell'antica Grecia. Il giusto dovrebbe tradursi in diritto, in legge. "La legge agraria di Tiberio Gracco", che riordinò, con il podere contadino, il panorama sociale e agrario dell'antica Italia. La famiglia in opposizione alla proprietà senatoria! il diritto dei deboli che lavorano per tutti! Oggi la gens romana è soltanto un ricordo libresco? A me pare che l'accumulazione capitalistica le somigli parecchio. Emerge qui un inganno del sistema capitalistico. La famiglia si contrapporrebbe all'impresa perché fornisce il lavoro, mentre l'impresa, cioè il capitale, fornirebbe i mezzi per la produzione. Però le cose stanno in modo diverso. La grande massa del risparmio privato non è proprietà dei gruppi capitalistici, ma delle famiglie. Il capitale concentra questa massa nella Banca e la investe allorché si rende conto che può trarre profitto. In sostanza la Banca è un "senatore" che impiega i legionari per mettere in piedi una forza capace di sovrastare la massa dei suoi legionari, i quali insensibili ai propri interessi familiari prendono a combattere i propri simili e sé stessi.
Posso parlare solo di impressioni. Da quel che si vede in Europa e da quel poco che si capisce dalla Cina, la mia impressione è che il partito-classe abbia esaurito il suo ruolo storico di difensore del proletariato. In opposizione e simmetricamente viene in rilievo la famiglia, persino nella sua precisa articolazione di famiglia italica che si batte per la proprietà del podere. Un podere ovviamente inteso non come cosa ma come simbolo di un potere, di una libertà.
Il ritorno ai diritti della famiglia riapre anche gli occhi sulla condizione della comunità locale, oggi fin troppo mortificata da poteri sovracomunali e mette in primo piano quella novità del diritto che è la class action, che permette ai deboli di agire in giudizio contro i potenti.