mercoledì 18 febbraio 2009
PERCORSI
ARTICOLO INVIATO AL SITO DUESICILIE
Perseguire la strada del dominio economico su territori esterni ai propri confini, sfruttando le risorse che i territori in questione offrono ed imponendo la commercializzazione dei propri prodotti/servizi, significa estendere la sovranità di una nazione su un'altra cioè, colonialismo.
A conferma della tesi che i territori rientranti nei confini del Regno delle Due Sicilie, siano una colonia dell’ex stato sabaudo, vi è la situazione politica italiana.
I vari governi che negli ultimi 148 si sono succeduti, si sono concentrati sull’espansione del dominio economico del settentrione della penisola italica, posizionando nel parlamento romano esponenti politici dediti alla realizzazione della volontà del governo stesso, questo ci pone davanti ad una constatazione drammatica quanto ovvia, quando un paese è governato da persone che non rappresentano gli interessi di un popolo, questo non può definirsi una nazione ma una COLONIA.
Se l’identità di un popolo viene smarrita nella selva dei problemi quotidiani, e la storia dimenticata dall’incalzante e diffusa propaganda unitarista, può un popolo definirsi ancora tale?
Un popolo che perde le sue caratteristiche sociali, dimentica la storia, e viene diviso dall’emigrazione, perde gli elementi associanti che lo caratterizza, e viene così trasformato in cittadino italiano.
Chiara a tutti l’esistenza di un settentrione assoggettante, potrebbe stupire l’apatia dei colonizzati!
Non vi è colonia al mondo al cui interno non vi siano organizzate resistenze riunite in movimenti ufficiali o clandestini, che lottano contro gli invasori, e noi del Sud italia come ci siamo organizzati?
Il singolo deputato che nelle camere del parlamento romano lancia il suo grido disperato per una terra dimenticata, per quanto di spessore possa essere la sua personalità, resta inconsistente e muta davanti ai parlamentari occupati a servire il potere economico del paese.
Ma se dal parlamento in 148 anni non sono arrivate concrete azioni volte al miglioramento della qualità della vita nel meridione d’italia, vuol dire che all’esterno ci si è organizzati in veri e propri movimenti che almeno tengano viva l’identità di un popolo.
Da ormai qualche decennio, ci sono meridionalisti che rievocano le gesta che furono dei briganti, rispetto a 148 ani fa hanno dalla loro una più agevole propaganda, alimentata dalla fulminea presenza sul territorio assicurata dai moderni mezzi di trasporto, e dall’accesso ai canali di diffusione, quali internet o televisione, su cui i nostri avi non poterono contare.
Ma la sostanziale differenza fra le due figure che lottano per il bene delle nostre terre ne pregiudica i risultati. La differenza che c’è fra i briganti e gli attuali meridionalisti è semplice. I briganti non lottavano per l’indipendenza, ma per la salvezza di una nazione, non potevano essere meridionalisti in quanto non esisteva la sensazione di essere meridionali a qualcuno, e liberavano le terre dai piemontesi al grido di VIVA ‘O RRE, figura fondamentale nella loro nazione.
Oggi parte dei meridionalisti, vuole rendere indipendente il “nulla economico”, cercando di diffondere il “nulla politico”, progetto vuoto per definizione e programma, che fa capo non ad una sola persona, fondamentale per la restaurazione di un Regno, ma ad una serie di movimenti, che precludono la strada politica, privilegiando l’aspetto accademico e culturale del movimento.
La preclusione, dettata dalla paura che la politica distorta e corruttrice punti ad impossessarsi delle idee (?) dei movimenti meridionalisti, comporta una mancata crescita economica; resta infatti assodato che l’unico modo per far si che l’ex Regno delle Due Sicilie ritrovi un indipendenza economica necessaria, passa per l’azione politica.
Ma come già detto, oggi il popolo duosiciliano, non è rappresentato da nessuna forza politica, è dunque d’obbligo costruire una struttura politica che persegua gli obbiettivi di crescita ed indipendenza economica del Sud Italia, necessaria, più della dignità, al recupero dell’identità ed alla trasformazione da cittadini italiani a popolo duosiciliano.
La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli (Aristotele).
Nello Esposito, CDS Castellammare di Stabia
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