Ricevo e pubblico da Zitara
A quel che si sente dire, nella prossima settimana, si coagulerà un partito del Sud, espressione del personale politico siciliano e meridionale messo alle strette dalle restrizioni che il governo bossista va operando sulla spesa pubblica meridionale allo scopo di gonfiare quella settentrionale.
Se è questo il motivo della nascita di un partito del Sud, tanto valeva fondarlo negli anni Settanta, allorché ci si poté rendere conto che i governi italiani nella scelta tra industrializzare il Sud o portare avanti il grande capitalismo industriale e le centrali bancarie settentrionali, preferirono la seconda opzione.
Alimentato lo scempio del terremoto dell’Irpinia per motivi esclusivamente democristiani o socialisti, il festino si è chiuso, né ha prospettive di future edizioni.
Dal 1860 al 1971 il Sud ha pagato in denari contanti per lo sviluppo e l’occupazione del settentrione, allo scopo di innalzare il grado di partecipazione all’assetto statualistico delle nazioni europee. Non sono stati soldi spesi male, siamo felici di dirlo, ma vorremmo anche essere ringraziati, cosa che non avviene. Il Sud non ha bisogno del Nord e può crescere sulle proprie gambe (come avveniva prima dell’unità), sempre che sia messo in condizione di governare i propri surplus economici annuali, invece che conferirli alle centrali bancarie di Torino, Milano e Firenze.
Il partito che sta per nascere, e ci auguriamo che nasca, perché comunque innescherà uno scontro di opinioni. Il problema essenziale del Sud è costituito dal 25% della sua popolazione in età di lavoro – che non trova lavoro moderno- cioè circa 3 milioni di disoccupati veri ed occulti. Il compito della futura classe dirigente meridionale consiste nel colmare questa enorme frana, ma l’eredità che l’attuale classe dirigente porta dentro di sé, è delle peggiori, per dirla senza infingimenti di sorta, sono la corruzione e il menefreghismo di fronte all’interesse collettivo. Il meridione non ha bisogno di giochi di potere, ma di restaurare, dopo centocinquant’anni di corruzione cavurrista, la sacralità della legge e dello Stato, e ciò può discendere solo dal ritorno della monarchia legittima, sulla formazione di una aristocrazia politica, colta e onesta, che riprenda in mano il governo del paese meridionale. Di una rappresentanza popolare selezionata in modo nuovo, che faccia da setaccio all’autorità amministrativa.
Gli interessi divergenti tra Napoli e Palermo, che furono la causa della sconfitta dell’esercito borbonico del 1860, sono superati dall’evoluzione del quadro generale instauratosi nel Mediterraneo che si va ulteriormente assestando. E’ tuttavia un legittimo diritto dei siciliani decidere se stare con le popolazioni italiote del vecchio Regno o se creare uno stato proprio.
Nicola Zitara
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