venerdì 3 luglio 2009

Il declino del sistema bancario meridionale – Il caso del Banco di Napoli


lunedì 29 u.s., alle ore 17, nella Sala A del Centro Congressi dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, alla presenza di un folto e qualificato pubblico, è stato presentato il libro di Emilio ESPOSITO e di Antonio FALCONIO dal titolo “Il declino del sistema bancario meridionale – Il caso del Banco di Napoli” , ed. E.S.I. - Napoli. Introduzione di Gennaro Improta (Dir.Dipertimento di ingegneria Economico-., realtori Guido Trombetti (Rettore università Federico II, Enzo Giustino (Presidente Banco di Napoli SpA) Adriano Giannola (Presidente Istituto Banco di Napoli – Fondazione) Mario Raffa (Assessore allo sviluppo , Comune di Napoli) Congresso coordinato da Alfonso Ruffo (Direttore de Il Denaro)


ESTRATTI dal Testo del Libro
“….resta a carico dei vinti la responsabilità di non far disperdere la loro esperienza e la loro visione dei fatti, ricercando, illustrando e mettendo in ordine e in relazione ogni documento che risultasse utile. I vinti hanno cioè il dovere di non farsi annientare sino al punto di dimenticare la logica e la “correttezza“ delle proprie tesi e di seppellirle, all’incalzare dei cori dei tanti cortigiani di turno. Diversamente, trascorso il tempo della cronaca e della propaganda, la storia non troverebbe elementi meritevoli di considerazione da contrapporre alle tesi dominanti.”

“….. la ricerca ha portato ad individuare, anche mediante lo studio degli atti parlamentari dell’epoca, una insospettata quanto lucida linea di pensiero, comune alle minoranze e alle maggioranze, sia alla Camera dei Deputati che al Senato, di diversi Parlamentari meridionali, protesa a difendere la “meridionalità” del Banco di Napoli e del sistema bancario, a mettere a nudo i soprusi subiti, a denunziare i rischi e le conseguenze della loro distruzione ed a sollecitare, ad ogni piè sospinto, l’intervento del Tesoro e della Banca Centrale per riequilibrare le forze.
Questa linea venne del tutto ignorata sia perché largamente marginale nel quadro politico nazionale sia perché le Istituzioni economiche, politiche e sindacali locali, fatta qualche rara eccezione, si disinteressarono completamente del problema. In pratica il Mezzogiorno non destava più preoccupazione per nessuno. Ormai cominciava a premere la “questione settentrionale”.”

“L’intera vicenda assume un rilievo emblematico nell’ambito del sistema bancario meridionale, il cui smembramento costituisce l’ultimo anello di una lunga catena di spoliazioni perpetuate ai danni del Sud, che stanno facendo sentire i loro effetti non solo in ambito economico ma anche sul piano sociale e culturale.”

“Le vicende del Banco di Napoli e dell’intero sistema sono… emblematiche di un progressivo scivolamento del Mezzogiorno che è stato vittima ancora una volta di politiche che lo hanno privato dei suoi centri decisionali, determinando la generale “desertificazione” e la conseguente caduta del tono socio-culturale, oltre che di quello economico, dell’intera area.
Questo processo è stato portato avanti sotto il vessillo della supremazia assoluta del mercato, in coerenza con il piano di dismissione delle partecipazioni statali. In effetti, oltre a risolversi in netto vantaggio di ben individuati gruppi economici, il processo si è concluso proprio alla vigilia di un fase in cui la crisi globale ha indotto perfino gli Stati più liberisti ad immettere ingenti risorse pubbliche nei traballanti colossi mondiali privati della finanza e dell’industria. Così, mentre il modello tutto italiano delle partecipazioni statali è stato completamente smantellato in nome del mercato, per ironia della sorte viene prepotentemente rilanciata la sua attualità a livello globale.”
“La verità è che l’odierno sistema bancario meridionale non riesce a restituire al territorio contributi apprezzabili per il suo sviluppo economico e socioculturale e, molto spesso, gli operatori e le stesse famiglie avvertono una grande distanza con le strutture bancarie e non riescono nemmeno ad individuare l’interlocutore in grado di verificare le loro esigenze ed eventualmente di sostenere i loro progetti.”

“…..mancano al Sud reali spinte concorrenziali ed esiste ormai una strutturale asimmetria tra i colossi bancari guidati dal Centro-Nord e il tessuto delle piccole imprese del Mezzogiorno, le quali non riescono ad attrarre sulle loro frastagliate esigenze l’attenzione dei grandi gruppi finanziari, tutti protesi invece sul versante della raccolta dei fondi delle famiglie e delle stesse imprese.”

“E’ innegabile che il sistema tecnologico e l’intero ambiente socio-culturale tragga notevoli benefici dalla presenza di un autonomo sistema bancario locale che di per sé favorisce la crescita di competenze professionali e manageriali e l’accumulo di capitale sociale e di progresso civile.”

“…il blocco dell’Intervento Straordinario, deciso per le crescenti difficoltà della finanza pubblica, fu una delle cause fondamentali del dissesto dell’economia e del sistema bancario meridionali, soprattutto tenuto conto del fatto che non venne sostituito da una nuova e organica progettualità per il Mezzogiorno.
Per giunta il Banco di Napoli…… era stato incoraggiato da Tesoro e Bankitalia
a sostituirsi allo Stato negli interventi pubblici, attraverso l’accreditamento delle imprese che avevano ottenuto delibere di contributi dell’Intervento Straordinario…”

“Tutto ciò spiega anche l’enorme dimensione della crisi e perché essa esplose all’improvviso e, in definitiva, rende giustizia ad una gestione del Banco che in precedenza era sempre riuscita, sia pure in un contesto non facile ed in presenza di una sottocapitalizzazione ormai cronica, a tenere sotto adeguato controllo la situazione.
Ma se questo era il contesto, che al Sud assumeva toni veramente drammatici, perché criminalizzare a tutti i costi e in maniera indiscriminata il Banco di Napoli, tutti i suoi amministratori e chi onestamente vi lavorava, dal momento che proprio il Banco aveva svolto costantemente un ruolo di supplenza in favore del Mezzogiorno che era abbandonato sempre più a se stesso da parte dei poteri centrali?”

“Sicuramente, anche nel Banco, come in tutte le umane realtà, c’erano errori, ma ciò che va riconosciuto è che questi errori non erano diversi o più gravi di quelli che si commettevano nelle altre grandi banche del Paese. In definitiva, se il Banco non era migliore degli altri grandi Istituti di Credito, certamente non era peggiore.

“In realtà, le manchevolezze e gli errori riscontrati nel Banco di Napoli non erano per nulla diversi da quelli delle altre banche, per cui il Banco non era di certo la pecora nera e appestata del sistema bancario italiano, da abbattere a tutti i costi.
E se la sua lunga storia doveva pure sfociare in una più vasta aggregazione, così come i tempi mutati imponevano per consentire al sistema bancario italiano di competere meglio a livello globale, ciò poteva avvenire, come per altre banche, con
il riconoscimento dei suoi alti valori aziendali, senza gratuite criminalizzazioni, ma, con l’onore delle armi, nel pieno rispetto del ruolo di storico supporto dell’economia meridionale.”

E’ fuor di dubbio che le vicende del Banco di Napoli assumono rilievo emblematico nell’ambito dell’intero sistema bancario meridionale, la cui scomparsa costituisce l’ultimo anello di una lunga catena di spoliazioni perpetrate ai danni del Sud, vittima di politiche che hanno portato ad una generale “desertificazione” del territorio e alla conseguente caduta del tono socio-culturale, oltre che di quello economico, dell’intera area.
Si tratta purtroppo di risorse irrimediabilmente perdute per il Sud e per giunta portate via sotto il vessillo della supremazia assoluta del mercato - in concomitanza con il piano di dismissione delle partecipazioni statali - proprio alla vigilia dell’inversione di rotta degli Stati più liberisti che, ai nostri giorni, non esitano ad immettere ingenti mezzi pubblici nei traballanti colossi privati della finanza e dell’industria, pur di salvarli.
E così gli zelanti, sommi sacerdoti nostrani della supremazia assoluta e dell’integrità del mercato, invece di razionalizzare quanto già c’era, si sono alacremente dedicati a smantellare l’originale modello tutto italiano delle partecipazioni statali e ci sono brillantemente riusciti, per giunta a netto vantaggio di ben individuati gruppi economici, proprio mentre a livello mondiale si sta assistendo – ironia della sorte - all’ingresso massiccio degli Stati nell’imprenditoria privata, sia pure con intenti dichiarati (ma tutti da verificare) di temporaneità.

Le vicende del Banco di Napoli sono emblematiche anche perché sono ricche di sfaccettature che l’uomo comune non riesce ancora a capire. Vogliamo ricordarne solo alcune che toccano l’operato del Ministero del Tesoro, del suo Advisor e della Vigilanza della Banca d’Italia…..
Sono soltanto alcuni dei punti oscuri di questa complessa vicenda, ma l’elenco potrebbe diventare lunghissimo. Ci fermiamo qui, con la speranza che almeno su di essi anche l’uomo comune, avendone peraltro il pieno diritto, possa finalmente capire qualcosa.










ESTRATTI dalle Presentazioni


dalla Presentazione di Guido TROMBETTI:

“Il lettore si ritrova tra le mani un lavoro molto istruttivo. Un libro che ci aiuta a comprendere perché il territorio meridionale non sia riuscito a percorrere sino in fondo la strada dello sviluppo economico e sociale.
Emilio Esposito e Antonio Falconio ripercorrono con precisione le vicende che negli anni ’90 portarono alla liquidazione del Banco di Napoli. Una vicenda intricata, che gli autori hanno saputo trattare con rigore metodologico, preferendo far parlare i fatti e i numeri che hanno contrassegnato lo svolgersi dell’intera operazione.”

“Il libro di Emilio Esposito e Antonio Falconio ci dice come sia stato possibile che una classe dirigente abbia consapevolmente scelto di eliminare dalla scena un soggetto economico di così enorme rilevanza per la crescita della società meridionale.”

“Senza il “vecchio”Banco di Napoli oggi il Sud si presenta più debole nei confronti della crisi. Le istituzioni meridionali sono più isolate. Le imprese meridionali hanno difficoltà a trovare un partner finanziario che possa ascoltarle.
Manca, infine, un soggetto che promuova grandi progetti di sviluppo culturale e sociale, come avviene nelle aree del Centro –Nord.”


dalla Presentazione di Adriano GIANNOLA:

“La vicenda del “Banco di Napoli” è qui analizzata in un crescendo di cinque capitoli con una sequenza che affronta premesse, conseguenze e vari aspetti delle drammatiche vicende del triennio 1994-1996.”

“L’esposizione che Esposito e Falconio propongono dell’intricata matassa, ha pregio della linearità e della chiarezza; il che deriva dalla analiticità di un metodo che opportunamente sceglie di stare il più possibile adente ai fatti. Fatti che si commentano da soli e dai quali discende una chiave di lettura che ha una indubbia robustezza e che augurabilmente potrà contribuire a dissipare molti luoghi comuni nei quali questa vicenda è tuttora avvolta.
“Completa il lavoro, una documentazione, soprattutto proveniente dall’attività parlamentare, che rivela le preoccupazioni, gli allarmi ed il disagio – ma implicitamente anche gli assordanti silenzi, per non dire delle mancate risposte – che si manifestarono in quel breve arco di tempo rispetto a quegli eventi, accuratamente incapsulati in un vuoto pneumatico tuttora duro a morire.”

“Il volume oltre a rappresentare un contributo che invita ad una quanto mai necessaria “operazione verità” sul Banco stimola qualche riflessione - in un provocatorio parallelo tra”locale e globale” – sul dramma del credito che si sta consumando oggi col “melting down” patrimoniale delle nostre banche più reputate.”

“Il disastro di oggi sembra solo più moderno di quello di allora e l’esperienza di allora ben si presta a qualche considerazione sul presente.”
“La meccanica della crisi fu allora ben chiara per chi voleva vederla;ma ciononostante tutto fu dominato e condizionato dalla litania della “mala gestio” recitata con una interessata ansia di circoscrivere la vicenda in questo rassicurante, pedestre recinto.
Oggi il liquefarsi di tanto reputati campioni nazionali, prospetta come reale il rischio che si replichi la meccanica devastazione, vissuta dal Banco a seguito del collasso nel quale fu precipitata nel 1992 l’economia del Sud. Era comodo nel 1994-1995 invocare la lotta all’inefficienza e al clientelismo per coprire gli effetti dell’irresponsabile conduzione della liquidazione dell’intervento straordinario. L’economia del Sud fu spinta nel baratro, senza paracadute,con arrogante incuranza del rispetto dei patti, contratti e delibere già prese e formalizzate;condannando a morte decine e decine di imprese e, con loro, molte banche meridionali e, soprattutto, il Banco. Quando, dalla sera alla mattina, l’Agenzia del Mezzogiorno chiuse, rimasero “appesi” 20.000 mld di investimenti ammessi a contributo e di norma prefinanziati in attesa delle erogazioni che non ci furono. Ecco un decisivo “fatto esogeno”(ben noto e documentato in letteratura) che spazza via molti pettegolezzi e rimette con i piedi per terra questa vicenda.”

“Se allora ci si accanì con azioni di responsabilità di ben scarso fondamento, ora per coerenza dovremmo deportare a Guantanamo un bel gruppo di banchieri non fosse altro per aver intossicato i nostri campioni con quelle “relazioni pericolose” delle quali andavano così fieri o – forse – per aver contabilizzato nella frenetica corsa al “consolidamento” immobilizzazioni immateriali per decine di miliardi di euro che oggi rappresentano una quota ben consistente del patrimonio utile ai fini di vigilanza. Se si applicasse, ora, meno della metà della severità “Bancocida” di ieri, per andare a “vedere” se esiste e di che consistenza sia un bluff patrimoniale, forse alcune banche dovrebbero ritrarsi a precipizio, lasciando a secco tante imprese, e destinandole ineluttabilmente all’incaglio e al naufragio.
Il disastro dell’economia, come insegna l’esperienza, a sua volta trascina le banche in una silenziosa o fragorosa discesa nel Maelstrom.
Una differenza non di poco conto è che “allora”, la slavina fu provocata esogenamente , “ora” la regia del magnifico epilogo è firmata, per così dire, dall’Unione Mondiale dei banchieri – imprenditori.”

“Spogliata, per le note vicende, del patrimonio essa [la Fondazione Banco di Napoli] non ha più modo di sostenere – come fanno le altre Fondazioni – il proprio territorio, cioè il Mezzogiorno. E questo è per sempre, con buona pace delle teorizzazioni sulla sussidiarietà e sulla missione del “privato sociale” che affida alle Fondazioni di matrice bancaria il ruolo di attive protagoniste. In realtà – quale che sia l’azione della banca – su questo versante si è da allora attivato un meccanismo di divaricazione Nord – Sud, ancora poco percepito, potente e socialmente insidioso.
Di questi tempi, con gli sconvolgimenti che si profilano all’orizzonte di domani, non di secoli a venire (che prospettano salvataggi imponenti sotto mentite spoglie), “capire” in tutte le articolazioni il problema, è una condizione indispensabile per riaprire ed aggiornare un discorso interrotto, importante per mezza Italia e sul quale finora si è messa una pesante pietra tombale.
Liberare il discorso del Banco dai consolidati luoghi comuni, potrà contribuire - e non è poco – a far scendere dal piedistallo l’equivoco monumento eretto alla “questione settentrionale”, un’ ossessione alla quale fa eco da Sud lo sciocco intento di “abolire il Mezzogiorno”: un obiettivo finora perseguito con un certo successo ed al quale la conduzione di questa vicenda ha dato un decisivo contributo.”



dalla Presentazione di Enzo GIUSTINO:


“…ho sempre considerato la vita del Banco di Napoli speculare a quella del Mezzogiorno ed alla sua economia. Con le sue luci e le sue ombre…..nelle congiunture positive come in quelle negative.”

“…credo sia importante anche ricordare perché le vicissitudini del nostro maggiore Istituto di credito siano state nel tempo sempre rappresentate con una letteratura più riconducibile ai luoghi comuni che ai fatti.
E tra i fatti va ricordata la eccezionale e positiva reazione sul mercato delle strutture del Banco quando, con il consolidamento dei debiti degli enti locali di cui al decreto Stammati, eravamo nel ’77, l’Istituto fu costretto a dover affrontare il mare aperto della concorrenza….recuperò rapidamente negli anni successivi, mostrando così di avere strutture e capacità per conquistarsi quote di mercato…”
“…la vitalità del Banco a si è potuta verificare anche successivamente. Cioè quando, venduto per sessanta miliardi,….è stato poi rivenduto per ben seimila miliardi. Per cui delle due l’una:…o era stato svenduto prima o è stato sopravvalutato dopo.”
“….uno dei motori che aveva indotto l’Istituto a finanziare quella iniziativa [la costituzione della partecipata “Innovare Spa”, nel 1986] era soprattutto quello di creare le condizioni affinché i protagonisti del ruolo della ricerca e quelli dell’industria , qui nel Mezzogiorno, si parlassero. Affinché gli sforzi degli uni e degli altri potessero sommarsi. La Banca avrebbe secondato questo processo…”



dalla Presentazione di Alfonso RUFFO:

“Ha un nome il killer del Banco di Napoli ed è il “principio della massima prudenza”. Quello che ha indotto gli amministratori di allora a contabilizzare perdite molto al di là del dovuto (come la cronaca si è poi incaricata di scrivere) e quello che, ancora, ha suggerito alle classi dirigenti del periodo di non inimicarsi una politica dominata dall’astro nascente della Lega e un apparato burocratico statale piegato alle ragioni del Tesoro e della Banca d’Italia.
“Per calcolo, paura o ignoranza……….. l’intero società napoletana e meridionale non volle o non seppe difendere il suo bene più prezioso, che da cinquecento anni fungeva da agente di sviluppo nell’area più povera del Paese, facendosi anche carico di problemi che il governo centrale non riusciva a risolvere….

L’intero sistema creditizio meridionale è ridotto ad un mucchietto di cenere….e all’attenzione dell’agenda politica torna la proposta di realizzare una nuova banca con il compito di fare proprio quello che al Banco di Napoli si è imputato di aver fatto. Ammesso che si riesca a ricostruire lo strumento, si troveranno anche uomini che ricordino che di “massima prudenza” si può anche morire?”

“Il volume di Emilio Esposito ed Antonio Falconio copre un vuoto d’informazione enorme e colpevole.”


Napoli, giugno 2009

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