venerdì 27 marzo 2009

Crisi bancaria o crisi di tutto il sistema?


Di Nicola Zitara

Se la Cina rifiuterà di accordare dell'altro credito agli Stati Uniti l'organizzazione sociale che conosciamo finirà dovunque. Nonostante il grande sviluppo delle relazioni civili il mondo in cui viviamo dal 1945 si è fondato sulla forza delle armi, sugli aerei supersonici, sulle portaerei da 100 mila tonnellate, sui sommergibili nucleari e sulle bombe atomiche americani. Gli Stati Uniti hanno imposto la pace al mondo - la pax americana - usando il deterrente della loro superiorità militare. Il deterrente è tuttora efficace, lo sarà - è presumibile - per un decennio ancora, e però invecchia e non viene rinnovato. Questo deterrente è stato messo in piedi con i soldi di tutta l'umanità, attraverso l'emissione di carta - il dollaro - che tutti abbiamo accettato. Quando abbiamo usato le parole "impero americano" non abbiamo inteso qualcosa che somigliasse alle legioni romane o alla Grande armata di Napoleone, ma alla funzione strategica del deterrente messo in piedi dagli USA. Oggi, però, la fiducia nel dollaro non solo vacilla, ma scivola. Nella misura in cui la tassa universale racchiusa nel dollaro si riduce, si riducono anche le spese americane in armamenti.

Non so se sia un bene o un male, ma le cose cambieranno. Personalmente sono pessimista a riguardo. Il passato insegna. Non ci sarà una via indolore al cambiamento. Chi vivrà tanto da assistere al declino del sistema attuale, in un modo o nell'altro, pagherà di persona. Sono propenso a dire che sarà inevitabile, e che il prezzo potrebbe essere ancora più salato, se gli Usa si metteranno a svendere gli armamenti in magazzino, come ha fatto la Russia nel ventennio trascorso. In tal caso altro che mafie libere trionfanti, la pressione delle masse povere sulle nazioni benestanti potrebbe assumere una forma diversa da quella che oggi vediamo.

Pessimista sì, ma non cieco alla speranza nell'uomo. La speranza va riposta su due eventualità, o meglio in due possibili conquiste della ragione e del sapere. La prima è più scorrevole. Riguarda i progressi che potrebbero intervenire nella produzione di novità tecnologiche di portata universale nel campo dell'elettricità e dei combustibili che, riducendo i costi di produzione, possano innalzare le condizioni di esistenza generali. Penso a qualcosa di simile al passaggio dal veliero alla navi a vapore, cosa che permise all'Europa di rifornirsi di grano in Canada e in Australia, di assicurare il pane a tutti, o alla celebre elettrificazione delle campagne di Lenin, che in venti anni portò la Russia dalla condizione di impero rurale a quella di impero industriale.

La seconda è più difficile e complessa. Riguarda la trasformazione di situazioni generali dovute alla saggezza. Penso ad esempio all'opera di Carlo Magno e alla creazione del Sacro Romano Impero, che sottrasse alla guerra la riorganizzazione del potere e aprì l'Europa a un avvenire di civilizzazione. Penso soprattutto - in quanto più vicina alla nostra esperienza di vita - alla creazione del Mercato Comune Europeo, che è probabile abbia chiuso per i popoli d'Europa millenni e millenni di guerre, di saccheggi e di sopraffazioni. La crisi attuale non si chiuderà mettendo a posto i conti delle banche o creando un nuovo sistema di pagamenti internazionali diverso dal dollaro e governato collegialmente. La crisi che viviamo è nata con la globalizzazione, la quale ha messo a confronto - un confronto immediato, visibile, comprensibile a chiunque - i poveri e i ricchi del mondo, la dimenticata questione dell'ineguale sviluppo delle nazioni. E' una questione che potrebbe essere risolta nel giro di decenni, se c'è l'accordo, o in due o tre secoli di guerre mondiali, se non ci si accorda. Della questione si occupò papa Woyitla nell'enciclica "Centesimus Annus". Speriamo che l'attuale pontefice abbia una maggiore insistenza del suo predecessore allorché - come promette - la riproporrà

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