venerdì 20 febbraio 2009

No global

Di Nicola ZITARA


Nello stesso momento in cui io scrivo le frasi che seguono e nel momento in cui voi, oggi o domani o un qualunque altro giorno di questi mesi, le leggerete il sistema produttivo italiano e mondiale - un capitale impiantato che vale decine e forse centinaia di migliaia di dollari - è assolutamente intatto. I capannoni sono dove erano prima, le catene di montaggio sono sempre al loro posto, il filari di ulivi si allineano sereni sotto il sole o la pioggia, le porte dei negozi e quelle delle botteghe artigiane sono aperte, le greggi pascolano, gli aerei decollano, i pescherecci calano e ritirano le reti. Eppure tutto questo immenso capitale sparso su 510 milioni di chilometri quadrati della superficie terrestre, e sotto terra e il alto nel cielo, non è in condizione di produrre ciò che ha prodotto un anno o due anni fa. La gente ha perso il lavoro, non riesce a pagare i debiti contratti, non ha danaro per mangiare, perde la casa che dovrebbe finire di pagare.

La presenza di un potenziale produttivo intatto e la inettitudine a farlo muovere come prima è un'incongruenza, una irrazionalità, una illogicità, un'asocialità, un sopruso che carognescamente viene definito CRISI. In crisi sono semmai coloro che vi prestano credito. Il problema vero è che l'assetto liberista mondiale non ha né gli strumenti né la volontà di far fallire le banche che dovrebbero fallire in conseguenza dello stato d'insolvenza in cui versano. Si tenta anzi di salvarle rifinanziandole, cioè facendo pagare due volte ai cittadini (ai sudditi monetari, i produttori) gli errori altrui e le altrui malefatte.

Per risanare il sistema qual oggi è, c'è solo un modo rapido: innalzare in tutto il mondo il livello dei salari e degli stipendi di un terzo all'anno. Ciò creerebbe inflazione. Ma l'inflazione, se distribuita equamente secondo i valori e i potenziali esistenti luogo per luogo, mentre darebbe fiducia e prospettive alle famiglie, si risolverebbe in un apparente aumento dei prezzi. Aumenterebbero infatti i segni monetari spesi (la cifre stampate sulle banconote) ma non cambierebbe il bilancio familiare. Avevo 1000, e per una bistecca spendevo 10. Oggi ho 1500 e per la stessa bistecca spendo 15.

Tuttavia non sta nel nostro potere cambiare gli altri. Sarebbe, invece, nel nostro potere cambiare la nostra condizione attuale. Nella buriana finanziaria globale e stranieri in patria siamo un fragile vaso di coccio. E' ormai vitale pensare alla difesa, mettendo un lucchetto alla porta.

Il Sud ha bisogno di tornare indipendente, in modo che il nostro prodotto non fluisca gratis a Milano, la quale, ce lo restituisce in parte, e questa parte con la lesina e gli interessi.

Il Sud ha bisogno di ricostruire la sacralità dello Stato attraverso una monarchia regnante. Ha bisogno di sospendere la votocrazia per un periodo non inferiore a cinque anni. Ha bisogno di una classe dirigente consapevole dei problemi del paese. Ha bisogno di una burocrazia efficiente e pulita. Deve fondare un sistema di economia mista, in cui stiano in equilibrio il settore pubblico, le banche, le maggiori industrie, i servizi classici e l'agire privato. Ha bisogno di riportare al lavoro i giovani e alla ricerca gli studiosi.

Ha bisogno di libertà. Viva il ricordo di Ferdinando II.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Respiro pulito nel leggere questo articolo! W il Sud Indipendente! Mi auguro che un giorno tutti i meridionali prendano coscienza della nostra storia e si possa allora avere, carichi di consapevolezze, la forza di cambiare la storia. Scrivo da pugliese e credo nel nostro amato governatore che sembra voglia dare inizio ad un cambiamento!
Forse non lo vedremo noi, ma dobbiamo preparare il terreno per i nostri figli!