mercoledì 24 marzo 2010

COMMEMORAZIONE BATTAGLIA DEL VOLTURNO

Gentili amici,Vi prego di voler cortesemente dare comunicazione ,attraverso le vostre reti di informazione con la divulgazione più ampia possibile ,del seguente messaggio :   "A nome della Associazione Culturale Capt.Giuseppe De Mollot,Eroe del Voturno,comunico che la Cerimonia di commemorazione dei Caduti dell'Esercito delle Due Sicilie nella Battaglia del Volturno ( 13° edizione ),si svolgerà in Capua il prossimo 2 ottobre 2010" . . Il programma dettagliato sarà comunicato in seguito .                                                          Giovanni  Salemi    P.S. A seguito di questa comunicazione e nella scia di una oramai accordo tacito per  onde evitare spostamenti e sacrifici ulteriori ai Compatrioti fuori della Campania , i CDS allestiranno il congresso, che sarà il III, del 2010 il giorno 3 ottobre 2010.

martedì 23 marzo 2010

DIRETTIVA BOLKESTEIN – MORTE DEI PRODOTTI A KM ZERO




È fatta, venerdì il governo ha approvato la direttiva europea denominata Bolkestein, sulla libera circolazione dei servizi nell’ambito europeo.

Per qualcuno una buona occasione di crescita, per altri la totale e definitiva estinzione del piccolo imprenditore.

Benché, nella disamina mediatica della direttiva, l’esempio più famoso fu quello dell’idraulico polacco che avrebbe destabilizzato il mercato francese, bisogna vedere l’aspetto da tutt’altra prospettiva.

Prendiamo per esempio il salumiere sotto casa, che da decenni è in crisi per la prolificazione in tutto il territorio nazionale dei centri commerciali, che hanno dato opportunità alla GDO (grande distribuzione organizzata) di crescere sotto il profilo economico e contrattuale, diventando da liberatori a monopolisti del mercato.

Purtroppo per il povero idraulico polacco ci sarà poco da fare, perché anziché circolare liberamente nel territorio europeo per offrire i suoi servizi, sarà costretto, pena il fallimento, ad essere inglobato come manovale in una delle grandi aziende che possono offrire servizi di costruzione e manutenzione su tutto il territorio europeo a prezzi sicuramente più bassi rispetto alle piccole aziende.

Così oltre agli idraulici, chi rischia l’estinzione grazie alla direttiva Bolkestein?

Per esempio tutti i venditori ambulanti, o chi ha una concessione per la vendita nei mercati rionali.

Bene con questa direttiva, i centri commerciali e la grande distribuzione organizzata, varcheranno le porte delle città. Infatti se fino ad oggi, i centri commerciali, per ragioni urbanistiche e di spazio, sono sempre stati costruiti nelle zone periferiche, ora possono acquistare licenze per la vendita nei mercati rionali, per la buona pace del piccolo commerciante.

Questo, è un attacco alla piccola economia locale, il salumiere diventerà banconista, il fruttivendolo sarà assunto come trasportatore, i ragionieri, non avendo più clienti, diventeranno impiegati dell’ufficio commerciale di zona delle grandi multinazionali che invaderanno le nostre strade.

Questo per qualcuno significa più scelta e maggior risparmio per i consumatori, ma in questa liberazione dei mercati si cela la MORTE economica delle nostre terre. Il banconista, il trasportatore, l’impiegato, continueranno a vivere e spendere, incrementando però la potenza economica di società che non risiedono nelle nostre città, che diventeranno sempre meno produttive e sempre più colonie da sfruttare.

Nel sud italia esistono più di settantacinquemila bancarelle, che fine faranno?

Si riuscirà a comprare un prodotto a km zero, una volta che la GDO invaderà anche i mercati rionali?

Questi sono gli interrogativi che i governatori delle regioni si devono porre prima di approvare una direttiva che già il governo italiano ha recepito senza nessuna modifica.

Nello Esposito

lunedì 22 marzo 2010

LE ANGOSCE DELLA CASTA MAFIOSA

Di Nicola ZITARA

Negli anni di guerra, scuola se ne face poca. Il tempo libero induceva noi ragazzi a una frequentazione dei libri e delle letture che oggi è solo di qualche filosofo. Durante l’inverno la comitiva di amici e compagni di classe si raggruppava in casa di donna Francia, intorno al braciere che lei preparava proprio per noi. Mimmo leggeva e recitava. Gli spettri di Henrik Ibsen era il suo pezzo forte. L'eroe muore a causa di una malattia ereditata dal padre. Muore invocando il sole. Le colpe dei padri ricadono sui figli. Anche i figli dei mafiosi, di cui parla Vincenzo Carrozza nel libro “Figli di boss”, Pontari editore, sono esseri in trappola, la loro vita è segnata dai precedenti familiari, l'agguato è al centro della loro giornata, la morte il pensiero dominante, l'incubo d'ogni notte.
Gli schemi, i paradigmi, le analisi sociologiche non mi servono. Sono nato e sono venuto su in un luogo in cui i mafiosi erano una componente del paese; persone date, sia come singoli o sia come genere. Come le suore, la maestra, l’accalappiacani, le guardie, i ferrovieri, gli operai, i pescatori, Zagarè e la sua carrozza. Ma i mafiosi avevano un loro regolamento interno, diverso dai regolamenti vigenti fra i civili o fra i compagni di scuola. Nel regolamento mafioso - si sapeva - era prescritto che i conflitti sfociassero in coltellate e si concludessero con uno sbudellamento. Era norma che la cosa avvenisse fuori dalla portata dei comuni mortali. Imperscrutabili erano anche i motivi. Le spiegazioni che venivano date dalle persone ben informate non erano altro che ipotesi. L'evento non era un mistero, ma causa e causanti sì. Peraltro la mafia era una piccola cosa nella vita della parte urbana del paese. La vita cominciava al sorgere del sole, con i pescatori che tiravano a riva la rete stesa alle ultime ore della sera prima, proseguiva con i carri che venivano da lontano per portare il nozzolo agli stabilimenti dell’olio al solfuro, con i carri che trasportavano le arance, i limoni, i mandarini al magazzino, dove i fimmini venute dai paesi dello Stretto li lavoravano, e che al primo pomeriggio sarebbero ricaricati sui carri e portati alla "piccola" della stazione ferroviaria per essere spediti a Bologna, a Torino, a Monaco di Baviera, a Colonia, o anche a Messina per l’imbarco su vapori inglesi.
Nel centro urbano la vita erano la scuola, le botteghe artigiane, i negozianti, il municipio, il sabato fascista, il 24 Maggio, la granita da don Gigi, il cono da Bertoldo, il gioco a battimuro nel vicolo, la partita a palla, la scazzottata con quelli della Stazione, la fuga al cospetto di don Natale, la guardia, che appena fiutava la presenza di un pallone, minacciava sanzioni. In Calabria la mafia era cosa della campagna, e le occasioni d’andare in campagna non superavano numericamente il giorno di Pasquetta e quello di una passeggiata scolastica. Soltanto durante la guerra la campagna, divenuta necessario rifugio, ebbe la sua giusta rivalutazione. La campagna aveva i contadini, i padroni e un suo corpo di polizia, la mafia. Personalmente il primo mafioso, o a tale predestinato, lo conobbi prima dello sfollamento. Era un giovane diciottenne che vendeva al mercato nero carne di vitello. Aveva dei clienti fissi, che pagavano in pronti contanti e gli facevano la commissione per la successiva macellazione. Morì stupidamente, intossicandosi con foglie di tabacco per sottrarsi alla chiamata alle armi.
I ragazzi di campagna, miei coetanei, avevano una grande stima dei mafiosi. Raccontavano le prodezze di questo e di quello. Per loro i mafiosi erano delle autorità nella quotidianità della vita e degli idoli, nella fantasia dei cavalieri da poema medievale. In effetti erano contadini come tutti gli altri, solo che nessuno dei più in vista andava a zappare a giornata. Erano invece quasi sempre lavoratori specializzati, specialmente potatori. I più autorevoli facevano i guardiani nell’erogazione dell’acqua d’irrigazione consortile o nei giardini in cui le arance erano già mature e pronte per essere raccolte. L’idea che mi è rimasta in testa è che fossero contadini meno poveri e meno ignoranti della massa. Ricevevano, credo, un trattamento salariale migliore e ottenevano parecchio rispetto dagli stessi padroni dei fondi. Gran parte di essi aveva imparato nozioni tecniche dagli agronomi delle cattedre ambulanti, che in quegli anni venivano spediti dall’Università di Portici e dalla Stazione sperimentale in agrumicoltura di Catania in giro per i fondi a insegnare metodi moderni di coltivazione. I rapporti contrattuali e le relazioni sociali scorrevano senza intoppi tra figure lavorative e ceti sociali ben definiti dalla prassi economica. Ma quest’armonia è forse la superficiale impressione di un ragazzo la cui giornata era impegnata a scuola e dai compiti; il poco tempo libero era preso dai passatempi e dai giochi urbani, non certo dalle osservazioni di carattere sociologico.
Il tranquillo scorrimento della vicenda sociale venne sconvolto a partire dallo sbarco degli angloamericani in Sicilia. Venuta meno la difesa militare da parte dello Stato, la gente dovette pensare a difendersi, cosa che si fece sia cercando di allontanarsi il più possibile dalle strade di grande comunicazione sia rispolverando vecchie pistole e fucili da caccia. Fu a questo punto che apparve la mafia come corpo brigantesco, adeguatamente armato, ben organizzato e diretto. Cominciarono allora le minacce e i ricatti nei confronti dei possidenti, che avevano perduto la difesa dello Stato. L’occupazione angloamericana rafforzò la posizione della cosca locale, che salì al ruolo di incaricata dell’ordine pubblico cittadino. Il racket poté essere effettuato senza ricorrere a minacce e come una tassa da pagare a un potere legittimo e a una forza dell’ordine. Il mercato nero abbatté il muro che separava la città dalla campagna. I contadini cominciarono a prendere il treno per Napoli trascinandosi dietro pesanti valigie e pacchi contenenti bidoni d’olio e altre derrate. Il ricarico commerciale si alzò al di là del cento per cento. I campagnoli videro per la prima volta quel denaro, la cui mancanza era la causa della loro separatezza e inferiorità sociale. Dice un vecchio adagio che il danaro fa venire la vista ai ciechi. Il danaro è importante per tutti. In un mondo in cui è lo scambio contrattuale che ci consente di mangiare e più in generale di vivere in società, il possesso di danaro contribuisce fortemente a definire l'identità pubblica dei singoli e anche l'idea che il singolo ha di sé. Per le persone che ottengono anche altro tipo di riconoscimento sociale - per esempio la cultura, la facondia, la bellezza fisica, la qualità sportiva etc. - il possesso di danaro è solo una delle componenti della personalità, mentre la personalità di chi non offre agli occhi del pubblico qualità diverse dall'avere, il possesso o il non possesso di ricchezza che frutta danaro resta l'unica identità sociale.
Nel ricordo della mia giovinezza, per i contadini il danaro era il solo mezzo per conseguire un apprezzamento sociale. Giovanni Verga ha chiarito questo punto più di un secolo fa. La cultura, l'arte, lo sport sono elementi della personalità non soltanto faticosi da conseguire, ma un tempo erano completamente fuori dall'orizzonte di un contadino dell'estremo Sud. Il mercato nero permise ai contadini di presentarsi nel mondo urbano con i soldi in tasca. Gli intrallazzisti presero a esibire il pacchetto di banconote guadagnate come un trofeo, a sentirsi superiori e a sfidare l'antico nemico, il cittadino.
Campagna e commercio! Una parte del mondo contadino meridionale entrò nel mondo urbano sul limitare del mezzo secolo XX, nella prima fase de 'la grande trasformazione' attraverso tale passaggio, e non attraverso l'industria o optando per l'emigrazione in città, come avvenne per gli alpigiani e come avvenne anche qui da parte dei meno arditi o dei più morali. L'industria era poca e perdente, non poteva essere un'opzione. Fu saltata, la mafia entrò negli affari aprendo spacci e botteghe, comprando e vendendo mercanzie, e, quel che fu ed è più lucroso vendendo voti al sistema nazionale.
A questo riguardo vale la pena ricordare che una partecipazione del mondo contadino al voto, autentica per qualità politica, si ebbe soltanto nella fase iniziale della democrazia, allorché l'elettorato meridionale poté intervenire nello scontro tra il Partito Comunista e la Chiesa Cattolica. Non così in appresso. Nella fase della Ricostruzione e negli anni successivi, allorché il paese prese a ridisegnarsi intorno agli interessi emergenti nelle regioni avanzate del Centronord, nel Sud il fatto politico non si ritrovò più in presa diretta con l'elettore meridionale, si ridusse alla mera ricerca di voti che pesassero nelle percentuali nazionali. Il Sud come bilanciere di destra per la sinistra. Questa marginalità sistemica venne attenuata dal clientelismo elettorale. I meccanismi della pubblica rappresentanza assegnano agli eletti e alla burocrazia il potere d'intervenire nella società economica attraverso la spesa pubblica. Il voto universale maschile e femminile ha dato un incremento al voto di scambio che prima non esisteva. Privo di rappresentazione politica, partitica e parlamentare, il mondo contadino lo accettò come un'occasione di lucro e d'ascesa sociale. In questa fase le frizioni fra le varie cosche e le varie famiglie raramente esplosero. Non fu infatti difficile per il personale politico ottenere dei vantaggi a basso prezzo. Alla fase della concorrenza tra famiglie mafiose, di condizione benestante, abitanti in città e in qualche modo scolarizzate, ma sempre di cultura retrodatabile al mondo contadino - cioè di una cultura il cui codice civile e il cui codice penale sono ancora quelli ereditati dal mondo contadino - si è pervenuti con l'emergere del mafioso imprenditore di opere pubbliche.
Si è ancora nell'ambito economico della piccola produzione mercantile, e non in ambito capitalistico. In questa fase dell'infelice storia della Calabria anche la mafia inurbatasi è ancora improntata alla mentalità contadina, invidiosa e imitatrice della borghesia. I componenti arricchiti si atteggiano a borghesi e ne cercano l'amicizia, i figli a scuola frequentano e imitano i loro coetanei urbani. L'esperienza suggerisce che una parte importante dei medici, degli avvocati, degli ingegneri meridionali oggi attivi viene da quell'imitazione. Il modus vivendi si prolungò fino alla successiva fase di prosperità mafiosa ruotante intorno al commercio delle 'bionde'. E fu in tale fase che venne in evidenza anche all'esterno di esso un'articolazione esistente all'interno della mafia tra boss e manovalanza. Ma l'imitazione borghese fu l'etica prevalente soltanto nei luoghi in cui il commercio era sviluppato. Nei borghi antichi della collina e della montagna, invece, l'accostamento dei mafiosi alla borghesia fu ancora di carattere subalterno. L'attività edilizia vi aveva minore significato e il commercio delle bionde era consentaneo piuttosto a chi navigava su barche e paranze, per essere rifornito in alto mare dalle navi che trasportavano i prodotti dell'industria americana del tabacco, che in luoghi in cui la montagna non fa da confine statale. Il più frequente avvicinamento del mafioso di campagna al clientelismo politico era sollecitato dalla ricerca di un posto di inserviente nella sanità, di bidello nelle scuole, di operaio del comune. I figli di questo comparto della mafia vanno a scuola e prendono la laurea, senza però rinnegare la morale contadina. Tuttavia, nel corso degli anni Sessanta la mafia calabrese sembrò fagocitata dalla morale borghese, ma la mafiosità campagnola era ancora viva, anche se defilata. La sua forte sopravvivenza si rappresentò con l'esplosione dei sequestri di persona e con il traffico delle droghe. A questo punto il danaro diventa capitale. "La mafia imprenditrice". "Il capitalismo a mano armata". Le mafia esaurisce la sua appartenenza alla classe contadina imitatrice della borghesia e diventa una casta esclusiva, privilegiata, una nemica dell'essere borghese. Il mafioso è ricco e si sente superiore. I suoi rampolli vanno ancora a scuola e vanno a ballare come tutti perché intanto il mondo è cambiato, ma non vogliono perdere i vantaggi che discendono dall'appartenenza alla casta mafiosa, anche se sono perfettamente consapevoli di rischiare d'essere ammazzati o di finire i loro giorni nella cella di un penitenziario. Ciò vale per i boss e solo in qualche modo anche per i sottoposti, fino alla manovalanza.
La casta mafiosa non è di tipo ereditario, o non lo è oltre la seconda generazione. Fra i mafiosi vigono le regole degli eserciti moderni e sono i meriti a determinare i gradi. I mafiosi di oggi possono persino avere il lessico ereditato dai nonni, ma non sono più contadini. Sono espressione del mondo della produzione capitalistica che non ha confini. Sono presenti in tutti i continenti, spesso con organizzazioni persino più pericolose di quelle italiane

venerdì 19 marzo 2010

POLITICI D’ONORE – LA MALAVITA NELLA POLITICA DEL SUD

La magistratura indaga nel meridione passando a setaccio tutte le liste delle candidature alle prossime elezioni comunali e regionali, il sospetto, fondato, è che la malavita abbia inserito all’interno dei partiti uomini d’onore per poter meglio “governare”, economicamente e politicamente a proprio favore, la loro “zona di competenza”.

Ma è forse una novità l’interferenza e la connessione fra politica e malavita?

È forse un discorso che riguarda solo gli ultimi anni?

Uno stato, quello italiano, fondato nel 1860 grazie all’aiuto di chi allora erano semplici guappi di quartiere, e poi nominati, dai piemontesi invasori, prefetti, questori, o poliziotti, quali aspettative può avere? O meglio, non deve scandalizzarsi se un deputato viene eletto grazie ai voti della malavita.

L’eroe dei due mondi, (quello che la coscienza contemporanea definirebbe un volgare mercenario al soldo della mafia) colui che ha dato inizio 149 anni fa all’invasione del meridione, Giuseppe Garibaldi, incaricò Liborio Romano (un altro eroe nazionale) di creare i presupposti per un ingresso trionfale nella capitale partenopea, e questi prese accordi con Tore ‘e Crescenzo, (fresco di carcere) nominandolo Capo della Polizia.

I vari picciotti di Tore ‘e Crescenzo, tutti con la coccarda tricolore perché poliziotti, forti della loro prepotenza, fecero piazza pulita di tutte le persone “criminali” (quelli che difendevano la loro città) ed accolsero il loro CAPO DEI CAPI, Giuseppe GARIBALDI. In seguito approfittarono del loro status di uomini di legge, per dare il via a traffici illeciti o meglio il contrabbando. Quando qualcuno non voleva essere disturbato in perquisizioni bastava dichiarare “è rrobb e zi peppino” riferito appunto a Giuseppe Garibaldi.

Successivamente, quando il popolo meridionale, stanco dei soprusi e delle razzie che il sud aveva subìto dall’unità d’italia, iniziò ad aggregarsi in gruppi ci fu un nuovo accordo stato-malavita, quando il movimento democratico cristiano, per imporsi politicamente nel sud, prendeva accordi con gli uomini che avevano più potere in un sud agricolo, coloro che gestivano l’erogazione dell’acqua nelle campagne, uomini di potere e d’onore.

Accordi fra Massoneria e Malavita, mediati dai veri picciotti italiani, ovvero quelli che noi conosciamo come politici, sono state le basi su cui si è stata fondata l’Italia, ed oggi, SOLO OGGI, i picciotti, vogliono mostrarsi estranei a questi accordi.

Art. 1

L'Italia è una truffa secolare, fondata sull’inganno.

La sovranità appartiene alla massoneria, che la esercita nelle forme politiche ed oltre limiti della Costituzione.

mercoledì 17 marzo 2010

FONTE DI RICCHEZZA PER IL NORD

Ho visto con molto interesse il video di metropolisweb in merito alla discussione sulla gestione delle acque di Castellammare di Stabia.

video a cura della testata METROPOLISWEB

Ancora una volta si indirizza una discussione sui confronti-scontri fra la destra (quella a sinistra dei telescermi) e la sinistra (quella a destra), quasi tutti hanno dichiarato l'acqua un bene pubblico (e ci mancava!!!) e quasi tutti concordavano nel far ritornare anche la gestione delle acque nelle mani di una società pubblica.
bhe, effettivamente anche la GORI spa, era nata come società pubblica!

Scusatemi se vi propino un breve riepilogo dei fatti.

Nel 1994, fu varata dal governo la cosiddetta Legge Galli (L. n° 36 dal 05/01/1994) che tra i principi generali chiarisce che “Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà.”, e stabilì che per la gestione del servizio idrico, le regioni furono divise in vari enti, gli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali). L’ATO 3 raggruppa 76 comuni, che partecipano votano e decidono con i loro rappresentanti nell’assemblea ATO. Nel 2000, l’assemblea ATO3 affidò la gestione del servizio idrico alla GORI Spa a capitale pubblico. La gori era costituita inizialmente dai comuni dell’ATO 3 (70% delle quote) e dalle piccole aziende municipalizzate operanti sul territorio. Premesso che la legge galli non impone la privatizzazione dei gestori idrici, il consiglio di amministrazione dell’ATO nel 2001, con 4 presenti su 5 e senza interpellare l’assemblea ATO (i comuni) decide di dare in affidamento diretto alla cordata di varie società con capofila ACEA Spa.

La cordata, crea una società che acquisisce il 26.91% della Gori, la società è la SARNESE-VESUVIANO srl , che viene scelta dalla GORI come socio privato TECNICO (nel senso che è quella che realizza i lavori e la manutenzione su tutti gli impianti della ATO3, ed oltre alla ACEA (90%) vede come partecipanti anche le seguenti società:

CITIDA srl del gruppo SOECO di Milano;

DIPIUDIAMBIENTE (Roma), che vanta crediti con il comune di Napoli per un importo di €12.591.830,00, relativi alla gestione degli impianti di depurazione ex CASMEZ Napoli Nord negli anni 1993-1995);

SIBA SPA (Milano) società formata dalla EMIT Spa già presente nel territorio campano con la realizzazione degli impianti di trattamento acqua di falda ad Acerra, ed una Multinazionela FRANCESE La Veolia Water Solutions;

IL CONSORZIO FERONIA noto alle cronache per alcuni casi di assunzioni clientelari;

ICARAcquistata dalla compagna dell’ex presidente di CONFINDUSTRIAAntonio Amato (carica dal 2000 al 2004), impresa che satva fallendo e con 57 operai senza stipendio da circa una anno; acquistata nel 2001 tramite finanziarie e società lussemburghesi; con una ricapitalizzazione di 6 miliardi di lire, dava l’opportunità di acquisire una partecipazione alla Società Sarnese Vesuviano ed in base ad un accordo gli vengono affidati dalla ATO3 lavori di ingegneria civile idraulica.

DM Spa costituita il 29/01/1999 quasi contestualmente all’approvazione della Legge Galli.

C.LOTTI&ASSOCIATI Spa (Roma) – Studio di ingegneria

SGI Spa – Studio Galli Ingegneria – Padova Sermeola.

Senza entrare in merito al problema della privatizzazione delle acque, argomento già trattato da mille altri siti, blog, e personaggi pubblici, è giusto considerare come 4 MEMBRI del consiglio di amministrazione dell’ATO3 abbiano aperto le porte a società private del nord, per gestire un bene pubblico.

Il punto fondamentale è proprio questo, la scelta non è pubblico o privato, destra o sinistra ma NORD O SUD; il confronto, aspro, dei i politici nostrani, non fa altro che favorire l'arricchimento delle imprese del nord, studi di ingegneria, imprese, che hanno trovano, con la partecipazione nelle aziende come la GORI ,il modo di scavalcare il difficile ostacolo degli appalti pubblici, ma cosa possono loro, i politici stabiesi, contro il gigante economico settentrionale, è giusto ricordare che fino a 50 anni fa pagavamo l'energia elettrica , prodotta al sud, ad una azienda del sud (SME) oggi invece all'ENEL, paghiamo le assicurazioni a società del Nord, paghiamo i servizi bancari a società del nord, paghiamo i giornali a società del nord, televisioni, attività commerciali, tutto questo lo paghiamo al nord, (circa 30miliardi di euro ogni anno, riferito all'intera popolazione meridionale) anche quello che produciamo con tanto orgoglio da 225 anni, le Navi della Fincantieri, contribuisce ad arricchire una società del NORD, a noi stabiesi non ci resta che mangiarci il BISCOTTO DI CASTELLAMMARE, almeno quello sembra essere ancora nostro.

Nello Esposito

mercoledì 10 marzo 2010

PAROLE SANTE

“Ai politici bisogna dire: o ascoltate la nostra voce, o non vi votiamo più. I cristiani al sud devono svegliarsi. Oggi sono continuamente assistiti. Il mezzogiorno non è Italia, oggi si può dire che è una zona annessa. Sarà brutto ma è così. In 50 anni al sud ho visto solo parole ed errori: fabbriche nate e morte, terreni agricoli devastati, turismo in abbandono. Le mafie hanno avuto terreno fertile, arato dallo stato e da un sistema di corruzione e di collusione impostato con straordinaria efficacia. E la gente ha subito e si è rassegnata. La cultura dell’illegalità è stata diffusa dallo stato.”

È il caso di dire PAROLE SANTE, visto che a prounciarle è stato Don Riboldi, Vescovo di Acerra, ma non è l’unico, anzi è il pensiero dell’itera CEI, che non risparmiano nessun colore politico, dai governatori ai governati.

Ancora una volta siamo costretti, alla vigilia delle elezioni, a ribadire la mancanza di persone che rappresentino il sud italia, e che si sacrifichino affinché vengano fatti gli interessi del mezzogiorno. L’eterna lotta fra destra e sinistra ci obbliga a scegliere il “meno peggio” mentre come dice Don Riboldi “dobbiamo svegliarci” e non cercare un alternativa alla condizione disastrosa di una parte politica italiana, ma creare i presupposti per una nascita di una alternativa all’italia.

Pur se nati e residenti nei territorio occupati del sud, i politici che oggi compaiono sui manifesti, devono necessariamente rispondere alle direttive impartite dagli organi nazionali, ragion per cui non possono, per logica, rappresentare i loro cittadini, ma sono costretti, (anche se è la loro unica forma mentis) a controbattere parola per parola e con fare arrogante, le proposte degli opposti schieramenti politici. Ma in tutto questo festival di cavolate, qualcuno pensa agli interessi della propria terra?

Ci sono politici che fanno come slogan “No ai centri commerciali” (faccio riferimento al comunicato del PdCI di Castellammare di Stabia), ma prima di lanciare slogan di cui non ne conoscono il significato, dovrebbero prima dire come hanno intenzione di incentivare il commercio e la produzione locale!

QUESTA GENTE NON CI RAPPRESENTA!!!

E finché il sud non potrà contare su politici che lo rappresentino, questo sarà sempre una COLONIA.

Si cercano consensi fra i lavoratori assicurandogli i temporanei ammortizzatori sociali.

Vi siete mai chiesti, o letto con attenzione la parola “ammortizzatori sociali”?

Rende più morbida, ammortizzando appunto, una caduta del tessuto sociale colpito dalle decisioni prese da aziende LONTANE mentalmente alle reali necessità di un popolo.

Ma possibile che non ci sia un politico che cerchi di evitare una caduta, magari APPROPIANDOSI di aziende nate nei tempi passati grazie agli incentivi statali, o inglobate nel sistema di privatizzazione degli anni ’70?

Ma tutto questo, fra poco più di due settimane sarà vano, perché la gente del sud deciderà, con il proprio voto, di restare una COLONIA ANNESSA ALL?ITALIA.