mercoledì 23 settembre 2009

FINCANTIERI – UN DESTINO SEGNATO O SEGATO?

(nella foto risposta dellafincantieialla mia richista di aporre un targa commemraiva inonore a Ferdinando IV di Borbone fondatore dei Cantieri Navalidi Castellammare di Stabia)


“Stabiesi, un popolo di marinai e costruttori di navi” così veniva chiamato una volta il popolo di Castellammare di Stabia, ma ora non più.
Castellammare di Stabia, la Leningrado dell’Italia del sud, prima è stata depredata del suo mare, diventato, grazie alla camorra locale ed a quella di stato, una fogna a cielo aperto, poi, come da circa 150 anni, siamo minacciati dallo stato anche di perdere lo status di costruttori di navi.
Perché è lo stato a lanciare questa minaccia?
È giusto ribadire, senza essere anacronistici, che i Cantieri Navali di Castellammare di Stabia, nei secoli passati hanno reso la marina del Regno delle Due Sicilie motivo di vanto e potenza internazionale, per poi essere passata ad officina secondaria di un sistema statale che da 150 anni ha concentrato le attenzioni sullo sviluppo dei cantieri navali sorti nel settentrione d’italia; interesse che ancora oggi porta commesse e ricchezze al nord, deserto e CIG al sud.
Senza scavare nei libri di storia, si può analizzare la vita degli ultimi anni della società controllata da Fintecna, finanziaria del Ministero dell'Economia
Dal 70 ad oggi
Dopo aver superato, grazie all’onnipresente papà-stato pressato dai coordinamenti cittadini capitanati dai sindaci delle città-cantieri, la crisi energetica degli anni ’70, la fincantieri si ritrova a ridosso degli anni 90 a dover combattere la concorrenza dei cantieri sudcoreani, che grazie alla manodopera a basso costo incrementavano notevolmente le commesse prima destinate ai cantieri europei.
Inoltre, le ristrettezze finanziarie dello stato e della marina militare italiana, chiudono i rubinetti degli aiuti di stato, ed è in quel periodo che la società riorganizza ed innova il suo prodotto, puntando sulle navi da crociera.
Ma la nuova produzione viene concentrata solo su due cantieri, Monfalcone e Marghera (manco a dirlo cantieri del nord italia). L’azienda entra di nuovo in crisi, questa volta per il troppo lavoro, ma anziché estendere la produzione di navi da crociera agli altri cantieri, aumenta l’utilizzo delle ditte esterne con la perdita di qualità e ritardi della consegna delle navi.
La fincantieri è diventata pesante per essere gestita con criteri di azienda statale, quindi per agevolare il passaggio alla privatizzazione, facendo capire che è l’unica ancora di salvezza, nel 2005 i vertici aziendali modificano la loro mission, e con le nuove nomine vengono privilegiati gli aspetti finanziari a quelli industriali.
È bene far notare che nonostante il costo del lavoro in italia sia più basso rispetto ai paesi industrializzati europei (francia, germania, Inghilterra) gli armatori italiani non sempre si affidano alla fincantieri per costruire le proprie navi, lampante l’esempio della MSC Splendida (battente bandiera panamense) costruita nei cantieri navali francesi STX Europe di Saint Nazaire.
La strada della privatizzazione
Come privatizzare un azienda statale senza incorrere negli inconvenienti avuti con il difficile passaggio già percorso dall’ALITALIA? Creando i presupposti per attirare gli investitori.
IL FATTURATO della fincantieri, viene incrementato nell’ultimo periodo grazie soprattutto alla produzione di navi da crociera (infatti l’azienda detiene il 50% del fatturato mondiale in questo settore);
LA CAPACITA’ PRODUTTIVA della fincantieri, viene garantita dalla struttura aziendale, e dagli investimenti che l’azienda intende fare per ampliare la stessa. Già nel gennaio 2007 l’azienda ha annunciato l’intenzione di comprare un cantiere in Ucraina, avendo così a disposizione una produzione LOW COST, inoltre la recente crisi occupazionale, porta lo stato, per rispondere ai gridi d’allarme lanciati dai sindacati-sindaci-politici locali, ad investire nei singoli siti produttivi italiani fondi per incrementare le strutture e creare nuove opportunità produttive.
LE RISORSE UMANE (nodo al pettine della trattativa ALITALIA) della fincantieri sono sempre in numero inferiore rispetto all’anno precedente, questo grazie al ricorso agli appalti esterni ed alla delocalizzazione delle produzioni nei cantieri LOW COST (episodio già verificatosi nel 2005 con la produzione di una piattaforma petrolifera costruita a Palermo il cui scafo è stato realizzato in un cantiere a basso costo di manodopera). Infatti, se si prende in esame il 2008, l’azienda non ha garantito un turnover di operai, riducendo tale risorsa di 259 unità rispetto al 2007 (anche se sono aumentati i dirigenti+3, i quadri +23 e gli impiegati+60).
Cantiere Navale di Castellammare di Stabia
La strada statale sorrentina bloccata ed una città con il traffico impazzito, questo è quello che lega Castellammare di Stabia al nome fincantieri nell’ultimo periodo.
La mancanza di commesse, e l’ombra della Cassa integrazione, ha scatenato gli operai dell’azienda e delle ditte dell’indotto, ad azioni di proteste, che non sono passate inosservate ai politici locali.
Le richieste di questi ultimi, sono state accolte dalle amministrazioni regionali, e saranno sicuramente accolte da quelle nazionali. Ma quali sono le richieste?
Fondi per gli ammortizzatori sociali, un bacino di carenaggio, e la sicurezza di nuove commesse.
L’aspetto umano porta a giudicare queste soluzioni le migliori per i tanti lavoratori su cui pesa la minaccia di non poter portare a casa uno stipendio, ma è sul futuro dei cantieri stabiesi che ci si deve concentrare per poter garantire lo status di costruttori di navi agli attuali e ai futuri maestri d’ascia.
Le soluzioni transitorie garantiscono ai politici i tanti agognati consensi, ma ribadiscono la dipendenza all’assistenzialismo statale; le richieste vengono avanzate senza considerare un progetto per la salvaguardia del patrimonio industriale strategico di Castellammare di Stabia, mancano infatti le analisi del rapporto tra azienda e mercato, questo assoggettato alle decisioni prese dalla sede centrale di Trieste.
Anche il bacino di carenaggio, (la Regione Campania ha stanziato 300.000 euro per il solo studio di fattibilità, poi occorreranno altri fondi per il progetto, ed altri per la realizzazione), destinato al refitting (lavori di trasformazione ed allungamento del ciclo di vita delle navi), rientra nelle attività che l’azienda da anni svolge all’estero, (attività consolidata in Germania).
Quindi mi chiedo, la realizzazione del bacino di carenaggio, serve ad incrementare la capacità produttiva o ad elevate la produttività del sistema fincantieri?
Nello specifico, si creano i presupposti per attirare capitali privati o si cerca di garantire lavoro agli operai anche in assenza commesse per la costruzione di navi?
Lo scorso 17 settembre, in occasione del varo dalla nave Carnival Dream a Monfalcone, l’onorevole Bossi, prensente alla manifestazione ha dichiarato “il Nord.Est ha la forza per uscire dalla crisi, ma avrebbe bisogno di una spinta”, tra i presenti c’era anche (giustamente) il presidente della Carnival, principale artefice dell’incremento del fatturato fincantieri, il quale ha gelato tutti dichiarando di non avere intenzione di costruire nuove navi; gli fa eco Bono (AD Fincantieri) confermando che dal 2008 non firmano nuovi contratti.
Lo stesso Bono, in visita a Castellammare dichiarò che bisogna organizzare una ridistribuzione delle commesse in tutti i cantieri dell’azienda.
Dinque l’aiuto che Bossi chiedeva, è rappresentato dalla proposta di legge per la rottamazione dei traghetti? E quanti di queste nuove commesse-aiuti di stato saranno realizzati sull’unico scalo del cantiere stabiese? e quanti sui megacantieri presenti nel nord italia?
Conclusioni
I cantieri navali di Castellammare di Stabia esistono da 226 anni, eprima di essere un bene dello stato italiano, Sono e devono restare un bene del popolo stabiese.
Nell’ipotesi, sempre più concreta di una futura privatizzazione, i cantieri navali stabiesi, possono avere due strade profondamente diverse fra loro: o ridiventare un punto di riferimento della produzione navale o l’abbandono e la chiusura, ma questo dipende dalla capacità produttiva che il cantiere potrà garantire nel momento del “trapasso”, quindi ben venga la realizzazione del bacino.
Ma se il cantiere sarà ancora un ramo produttivo del ministero dell’economia, bisognerà agire politicamente sulla trasformazione della società e sull’organizzazione della stessa. Finchè gli accordi commerciali, logistici e produttivi saranno privilegio della sede di Trieste, il cantiere, pur incrementando la produttività resterà sempre un officina di produzione, nel dimenticato Sud italia.

Nello Esposito

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