Da sempre, l’anima delle città, l’essenza della popolazione, la salute dell’economia cittadina, è stato rappresentato dal mercato ortofrutticolo, cittadino o rionale che sia.
Il mercatino rappresenta una realtà sociale dove si concretizzano i sacrifici del contadino, che ha sempre lottato contro le prepotenze che nei secoli si sono succedute, latifondisti, invasori, abusivismo edilizio, inquinamento, centri commerciali, munnezza, mezzi di informazione e amministratori locali.
Nei secoli, lo status del contadino è stato modificato dalle prepotenze di turno, passando da colonna portante della società cittadina, a schiavo del potere, a brigante, fino ad oggi che alcuni amministratori considerano un peso ed una indecorosa immagine per le loro SPLENDENTI città.
L’arcivescovo di Pompei nell’omelia di Sabato 5 aprile, ha definito la politica di oggi una IMMORALITA’ ORGANIZZATA, niente di più giusto. Infatti è questa immoralità che sta portando all’allontanamento dei mercatini dalle nostre città, scelta che contrasta il pensiero dei grandi studiosi quali economisti, ecologisti, che hanno recentemente affermato che una valida lotta al carovita è la riduzione della filiera, lanciando messaggi del tipo “il 70% del costo della frutta che compriamo al supermercato, è il compenso per i passaggi di mano e per i costi di imballaggio e trasporto”.
In molte città europee il mercato ortofrutticolo, fortemente radicato nelle abitudini dei cittadini, è rappresentato da una struttura (nel senso di edificio) e da una organizzazione dei servizi pubblici che servono tale area rendendola accessibile e fruibile alla pari dei centri commerciali comunque presenti. Realtà come questa sono presenti a Malaga, Madrid, ma pure nella nebbiosa Londra, piuttosto che nella Afosa Casablanca. Strutture coperte, che sono un riparo dal caldo o dalla pioggia, dove i cittadini possono commentare i prezzi dei prodotti di stagione in vendita , possono socializzare, e comunque vivere in piena libertà di scelta.
Nelle Due Sicilie, la politica degli ascari dei nord ha privilegiato la creazione di strutture ed infrastrutture a servizio dei centri commerciali e dei supermercati che sono spuntati come funghi nelle nostre fertili terre, danneggiando la realtà dei mercatini rionali. Se avessero messo metà dell’impegno da loro dedicato allo smercio dei prodotti toscopadani, per la realizzazione di strutture adeguate ad ospitare la vendita diretta delle eccellenze agroalimentari tipiche del territorio circostante, o magari a ristrutturare quelle esistenti attrezzandole e servendole con trasporti e quanto necessario per agevolare i cittadini ad usufruire del mercatino comunale, avrebbero diritto ad avere voce in capitolo nel giudicare i briganti di oggi, cioè quei poveri venditori di frutta e verdura che loro stanno cacciando via dai quartieri giudicandoli “indecorosi”.
Siamo alle solite. La municipalità di Chiaia a Napoli, ha dichiarato indecoroso il mercatino rionale, mentre a Capri è stato chiusa l’unica struttura del centro cittadino per ristrutturazione senza che nessuna amministrazione si sia preoccupata di dare una alternativa valida alla continuazione dell’attività dei venditori.
Di contro ci sono amministrazioni come quella di San Giorgio a Cremano o Matera che hanno dato importanza alla vendita dei prodotti tipici delle loro province, istituendo, anche se solo un giorno a settimana, il mercatino cittadino.
Bisogna, per il bene delle comunità locali, che gli amministratori si prodighino alla realizzazione di strutture facilmente accessibili e servite da infrastrutture, adatte ad accogliere mercati per la vendita di prodotti locali.
Fate del bene alle economie locali.
Fate del bene all’ambiente.
COMPRATE I PRODOTTI DELLE VOSTRE TERRE.
Nello Esposito
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